Perinaldo il nido degli Astronomi – La Stampa 01/01/1932
Grazie all’archivio storico de “La Stampa” abbiamo ritrovato questo articolo, datato 1° Gennaio 1932, scritto da Marziano Bernardi.
Insomma il fascino di Perinaldo è antico e ha colpito molti.
Perinaldo era qui che già si disegnava alto sul colle in fondo a Vallecrosia, con le sue allegre case a scaglioni che ne rivestono tutto il cocuzzolo alla guisa ligure e si distendono poi sulla costiera come una corona di vivaci smalti. E tanto lieto appariva lassù profilato contro il cielo azzurrissimo e sopra il mantello cenerognolo dei.boschl d’ulivi steso per la conca della valle ” che anche la nostra corsa nel freddo mattino era piena di gioia, agile di pensieri e di parole, sonoramente ritmata dal russar del motore e degli strappi dei cambi di marcia su pei zig-zag della ripida strada. A San Biagio, a Soldano, dove le casupole ancora giacevano in un margine largo di ombra, il torrentello inviava i brividi della sua frescura; ma tutt’intorno i monti più elevati stavano nel sole che si beveva man mano la brina della notte. (..)
Nella viuzza, sul piccolo portale dell’ingresso, un monito a chi passa: « Sappi, o viandante, che qui nacque Gian Domenico Cassini nell’anno 1625 il giorno 8 di giugno, morto a Parigi il 14 di settembre 1712; Giacomo Filippo Maraldi addi 21 aprile del 1665, mancato in Parigi il 1° dicembre 1729. E’ nato pure in questa casa Gian Domenico Maraldi il 17 Aprile 1709. Tornato da Parigi vi mori nel giorno 14 di novembre dell’anno 1788. Questi tre nomi esprimono una gloria immensa come il firmamento da loro discorso» (..)
Guardi che vista di quassù. In tutta la Liguria non c’è belvedere simile a questo. Per ripide scalette e stretti pianerottoli sui quali ancora stanno, arrugginiti, i cannocchiali e gli strumenti dell’ultimo Maraldi, siamo sbucati sul terrazzino della torre. Ci è ai piedi il paese. Vallecrosia, tra le sue pareti, guida diritto lo sguardo al mare che laggiù risplende nell’infinito della sua quiete azzurra. Nel basso, a perdita d’occhio, un labirinto di valli sparse di borgate, che talora invece s’ergono in cima a un colle o s’adagiano sul fianco d’un clivo, come Bajardo, come Apricale, immersi in un grigiore d’uliveti. Una frangia di neve sopra la sua cresta ostenta il Saccarello, candore che stupisce, e intenerisce, nel turchino intenso del cielo. (..)